domenica 15 marzo 2009

Marx, Tremonti e la mancanza di una visione... Italiaccia.

Avviso che sto per partire per una tirata che alcuni troveranno noiosa, altri inattuale, altri sconclusionata. Insomma, se andate avanti a leggere, sono cacchi vostri. Però è una Stupidaggine-da-Scimmia, quindi io non me la perderei...

Nel 1867 il fisolofo tedesco Karl Marx scriveva, in passaggio ancora attualissimo del Capitale (che per altri versi, invece, accoglie ciò che oggi paiono un sacco di fregnacce - lo dico per par condicio) e prevedendo piuttosto lucidamente il futuro, che i debiti dei lavoratori avrebbero fatto fallire le banche, determinando il passaggio dall'economia capitalista al comunismo. Non che ci aspetti l'avvento del comunismo, credo, ci sono troppe Banche Mondiali e Fondi Monetari, ma qualcosa del genere, in questi giorni, segnalavano anche i quotidiani, in particolare perché Marx è stato richiamato da Martin Wolf sul Financial Times per  argomentare che il capitalismo è finito: «l'apertura dei mercati conteneva le radici della propria distruzione», e ancora:  «L'epoca della liberalizzazione finanziaria è finita, ma, come negli anni Trenta, non disponiamo di alternative credibili». Non disponiamo di alternative credibili, già. Ora, non che si reclamino subito alternative filosofiche, così, pronte, però è per quelle che bisogna lottare. Quindi chiariamo il campo da equivoci, e per farlo vorrei dire una cosa al nostro ministro Giulio Tremonti (ué, ué, perché sono convinto che se troverà qualcuno che ha il coraggio e il minimo di cultura che serve per contraddirlo, allora si metterà a piangere...). Per essere onesto, dico subito al signor onorevole Ministri che non lo credo  un filosofo - come molti invece vorrebbero vederlo; a me pare, infatti, che gli manchi anzitutto l'amore di sapere, non certo l'egocentrismo ma sicuramente l'umiltà e poi la capacità di avere una VISIONE - cose su cui sarei contento che ci smentisse. Insomma, Lei ministro, a differenza di tre anni fa quando ancora appoggiava ogni assurda speculazione avviata e permessa dalla reaganomics, sostiene di lottare per l'abbandono di un sistema fondato sulle leggi dell'economia e sui prezzi di mercato e la sua sostituzione con uno fondato sul diritto, sul conto patrimoniale e sui controlli - giurisdizionali e amministrativi. Io la lodo per il modo in cui continua a RIPETERE che sta lottando per questo (ma lo fa davvero, poi?), però vorrei chiederle una cosa, e la pregherei davvero di estendere ai suoi esimi colleghi, di governo e opposizione, una domanda semplice: QUALCUNO DI VOI SI IMMAGINA L'ITALIA, DA QUI A 30 ANNI. Qualcuno di voi ha una VISIONE, oltre che un affare politico? Non dico di aspettarmelo da Gasparri, per carità, però almeno uno su seicento stipendiati più portaborse e consulenti ci sarà, no... 

Nella migliore delle ipotesi, invece, temo che ci si ritrovi solo con fanfaroni e profeti. Anzi, che oggi si assista davvero a un avvento di profeti di buon senso. Ve ne siete accorti? Io sì... da mesi, ogni tanto inciampo in una frase di buon senso. Ad esempio, leggevo che un tizio importante di un partito ha detto: "L'Italia è unica per il paesaggio, così si rovina il territorio"; oppure sono incappato in uno slogan del tipo "consumare meno, consumare meglio"; e un altro che dice "la crisi è anche un modo per eliminare il superfluo, perché non ce lo si può permettere", e via dicendo. Tutte cose vere, sacrosante. Però a me, invece che speranza, che pacificazione derivata dal senno, in questo momento queste perle di saggezza infondono la tristezza che è propria della disillusione. Perché ogni stagione ha il suo avvento di profeti del buon senso (Giuliano Ferrara dopo l'illuminazione sulla vita di Damasco con le sue bottigliette del ca**o, l'altro giorno ha lanciato la sua nuova e attualissima e necessarissima crociata: pro Mourinho! Ma è possibile, dico io? Ma il troppo grasso, non comprimeva il cuore fino alla morte, una volta...). Ogni stagione ha i suoi profeti del buon senso, che sono qualcosa di prezioso, di "naturale" persino, anche se non risolutivi - sono profeti, annunciano qualcosa che verrà per sistemare le cose, infatti...
Però altrettanto "naturale" è anche l'inclinazione tutta contraria e umanissima che, molto grossolanamente, definirei del "pappone", o del "penso per me e faccio sembrare che sono in grado." Questa seconda inclinazione la vedo contraria al buon senso perché il buon senso dovrebbe essere un bene COMUNE, di tutti, che presuppone una convivenza, una compartecipazione di saggezza, persino un'uguaglianza. Invece, se i profeti del buon senso strillano per farsi sentire, e strillano da sempre, vuol dire che il mondo che abitiamo in questo momento, volenti o nolenti, è invece governato da personaggi inclini al "papponismo", al "penso per me", al penso-al-presente-e-tento-di-arraffare-il-più-possibile e di esaurire, di accaparrare quanto più possibile. Il vecchio detto, un detto da FILOSOFI invece, diceva: "fate che la terra che abitate non è un lascito dei vostri antenati, ma un prestito dei vostri figli. E com'è naturale, un prestito, dacché prestito, va messo a frutto." Allora lo dico così, senza giri di parole e ordine nell'esposizione: 'fanculo, perché io, carissimi amici, sono uno di quei figli, e se potessi, quel prestito ve lo negherei! Ma, appunto, questo sarebbe buon senso. L'ennesimo richiamo al buon senso. E il buon senso, ormai, è solo uno strillo da pagine di giornali... Che tristezza, mannaggia. Mio nonno scimmione (lo era davvero, tutto di peli bianchi), a questo punto non avrebbe trovato altro da dire che: Povera Italia. Italiaccia, direi io.

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