mercoledì 25 febbraio 2009

Sul massaggio dal parrucchiere (e La Fanciulla)

Cioè, io dal parrucchiere non ci sono andato per circa sei anni. L'unico taglio di capelli che mi ricordo, in merito a quel periodo, è quello che mi ha fatto la mia CuginastraScimmia quando mi ha cesoiato i dread; perché poi, dai dread, ho cominciato a raparmi quasi a zero (lo so, l'immagine di una scimmia rapata a zero può pure infastidire, vi comprendo...). Però adesso ho ripreso ad andare dal parrucchiere. E a parte il gongolio vanitoso, l'andare dal parrucchiere mi ha permesso di riscoprire un sottilissimo piacere che ricordo d'aver provato già da bamboccio, quando dal parrucchiere mi portava mia madre. Si tratta di quel sottilissimo piacere che vi dà il massaggio di dita di uno sconosciuto che vi fa lo shampoo. Non quando vi bagna i capelli, non quando vi risciacqua. Solo il massaggio dello shampoo. E non c'è niente di malizioso o perverso, perchè il piacere si estingue lì, in quei secondi di massaggio, e non ha niente a che fare col contatto di due corpi estranei. E non è qualcosa che si può rifare, a meno di essere qualcuno della generazione di mia nonna. Non lo si può fare perché pure se chiedete alla vostra dolce metà di massaggiarvi uno shampoo, lei potrà farlo al massimo sul lavello della cucina, o sul lavabo in bagno, e tuttavia vi mancherà sempre quell'affare dove incastrare il collo, che impedisce all'acqua di scorrervi già dalle spalle e, soprattutto, di lasciar penzolare la testa all'indietro, abbandonando completamente ogni tensione dei muscoli - mia nonna quell'affare, il lavatesta, lo teneva nella grande cucina, di plastica e montato sopra una staffa di metallo, e quando veniva la sciura Adele a farle i capelli, lei lo sfoderava con naturalezza ma pure con una punta di orgoglio, perché lei era di una generazione che delle cose che riusciva a comprare e possedere non si vantava, ma ne andava orgogliosa, con se stessa prima che con gli altri. 

(Morale della storia: non sai mai cosa, domani, renderà la tua giornata migliore. Certo, non si sa neppure cosa la renderà peggiore, però che ca**o...)

Dicendo parrucchiere, poi, m'è venuto in mente il Poeta (uno dei miei preferiti). Vi incollo qui sotto la poesia (La Fanciulla - di chi è, scopritelo da soli!); collegamento per niente logico, ma tutto per associazione, sia chiaro. però, insomma, se c'è modo di rinvangare qualcosa che ci piace, perché no, dico io, che comunque rimango StupidoComeUnaScimmia (e ricordate che qualche volta, questo pare il caso, c'è pure chi non vorrebbe tagliarseli, i capelli). 


Chi vede te vede una primavera,
uno strano arboscello, che non reca 
fiori, ma frutta.

Un giorno ti tagliavano i capelli.
Stavi, fra il tuo carnefice e la mamma,
stavi ritta e proterva;
quasi un aspro garzon sotto la verga,
a cui le guance ira e vergogna infiamma,
luccicavano appena i tuoi grandi occhi;
e credo ti tremassero i ginocchi
dalla pena che avevi.
Poi con quale fierezza raccoglievi
Quel tesoro perduto,
quel magnifico tuo bene caduto,
i tuoi lunghi capelli.

Io ti porsi uno specchio. Entro la bruna
Chioma vi tondeggiava il tuo bel volto
Come un polposo frutto.

0 commenti:

Posta un commento