lunedì 2 febbraio 2009

Mi piace De André ma odio chi l'ascolta...

Diciamo che a me Fabrizio De Andrè piace, e pure molto, del tipo che per lui lotto da due settimane con la mia compare scimmia, perché lei, quella voce, quel timbro, quel modo di raccontare, non li gradisce (un suo commento usuale, per intenderci: "Se vuoi farmi inca**are, fammi sentire il piffero iniziale di Bocca di rosa, che mi fa venire voglia di spaccare le lampadine a mani nude). A me invece piace, De Andrè, che ho scoperto solo a giovinezza inoltrata: gradisco la musica e l'arrangiamento delle canzoni, quella vanità di provare suoni anacronistici, tutto quel saper raccontare mica solo un personaggio, un io e le sue vulìe, ma di raccontare la sua visione delle cose attraverso storie con protagonisti differenti, come novelle in musica. Per essere più chiaro, direi che c'è chi ama Gino Paoli (che tra parentesi s'è sparato al cuore e io l'ho scoperto solo sabato perché sono StupidoComeUnaScimmia; e vive ancora col proiettile in petto, roba da non crederci!) perché Paoli è uno che dice "io ti amo", col suo io ben presente e il suo immaginario confinato di gatte, notti, lune e amore, e chi ama De Andrè perché ha raccontato moltissime storie in cui prende forma un immaginario complesso, affascinante, persino esotico a volte, e di certo una Visione, un io nascosto dietro alle storie che, con queste, esprime non soltanto se stesso, ma una sua idea sul mondo (una Weltanschauung, avrebbero detto i tedeschi colti). Quelle storie di puttane e di pietà che sopravvive al rancore, quel travaglio costante sull'etica cristiana, la predilezione per i margini del sociale eppure per la gioia di vivere, il tutto raccontato con la sana passione di chi ama capire, ma pure non capire, e con tutto l'egocentrismo di chi, altrimenti, avrebbe scelto di fare un altro mestiere... roba che qui, nella ProvinciaDelMondo, è cosa rara (cioè l'egocentrarsi con le carte in regola per farlo.)

A me, quindi, De Andrè piace. Però insomma, direte voi, chissenefrega, piace a un sacco di gente. Esatto, dico io, però è proprio questo sacco di gente che io non sopporto. Già, io non sopporto chi ascolta De André, (diciamo che non sopporto la maggior parte di quelli che l'ascoltano, dai...) Perché chi ascolta De André è spesso qualcuno che se ne riempie la bocca, che ne esalta l'anarchismo, l'ascetismo, diciamo l'aristocrazia del personaggio un po' debosciato che, nel suo ozio illuminato, vede e capisce il mondo riuscendo a coglierne i vizi, e facendo decantare la sua capacità di visione nelle canzoni, regala un po' della sua intelligenza a noi che ascoltiamo. La solita questione della superiorità morale, un'idea un po' francofortese, se capite cosa intendo: secondo gli "accaniti" ascoltatori di De Andrè, quelli che oggi si professano tutti suoi amici, noi "siamo tutti suoi epigoni" perché lui sarebbe stato una sorta di faro, uno dei pochi capaci di cogliere lo spirito di un tempo in fermento e di metterlo in musica. Ed è così, mannaggia la miseria, ma lui lo faceva mica perché voi poteste sottolinearlo e bearvi nel dirlo! Perché i ruffiani che citano ogni sua canzone a memoria, che dichiarano di sentire tutta la sua eredità pulsare ancora, finiscono solo per ingessarlo come se fosse un Nobel, per imbalsamarlo come un Monumento, o come un Papa laico, relegando le sue storie alla cosiddetta Cultura (o alla Religione della Sinistra) senza Goderne, e questo mi fa molto rammarico (quello di chi, insomma, sente che qualcosa di bello va sciupato). Ecco, a 'sta gente che parla di De André dico che lo apprezzo, il cantastorie genovese, ma non mi faccio trascinare in nessuna discussione, perché mi dà il voltastomaco chi sbrodola parole alla Mollica (e andatevelo a vedere, questo video-commento di Aldo Grasso, sulla celebrazione mollichiana di De André), e tutti quelli mai usciti dalla fase liceale di Herman Hesse che cantano solo la Guerra di Piero, o la nuova band o il nuovo cantante "cantautoriale" che non capisce che c'è un'abissale differenza tra il saper mettere parole in musica e riuscire a comunicare una storia intera e, di converso, dire frasi che paiono belle senza dare un ca**o di significato a quello che si dice (del tipo che l'ermetismo ha fatto un sacco di danni, in Italia, soprattutto per la musica...). Poi stamattina esce su Repubblica un'intervista a quel Grande Vecchio di Paolo Villaggio, che ormai avrà pure quasi perso la brocca, però se racconta cose della sua giovinezza, beh, possiamo credergli. In un passaggio dice: "Questo è il punto. Il fatto è che gli è successa una disgrazia, la morte, e in Italia su questo c'è una morale un po' strana, bigotta, per la quale la morte è una specie di beatificazione. Faber è stato deificato, si è costruito un personaggio finto, lui era molto più divertente, vario, non poteva essere schematico come un anarchico cattivo e incazzato. Era allegro, divertente, paradossale, disposto a cose molto normali, invece l'hanno confinato in quella zona, sono soprattutto i nuovi amici di allora, che allora non c'erano, che se lo ricordano così, non tanto allegro, ombroso, invece aveva una voglia di comunicare assoluta, e col tempo ce l'ha fatta. Purtroppo la deificazione è arrivata dopo la morte e lui non se l'è potuta godere".
Io, non aggiungerei altro, se non un appello: se De Andrè vi piace, ma non vi piace chi ormai in Italia se ne appropria, riappropriatevene! E comunicatelo! (E se volete leggerla tutta, l'intervista a Paolino, la trovate qui)

(comunque, c'è chi ama Gino Paoli e De André, mica che ci fraintendiamo...)

5 commenti:

  1. Me ne riapproprio (e te lo scrivo)!

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  2. Condivido ogni riga dell'articolo. La tua sensazione è anche la mia, da un pò di tempo. Detesto chi sbandiera De André per autoreferenziarsi. Detesto chi fa di De André un punto di arrivo e non un punto di partenza. Detesto chi usa la sua musica a fini lucrativi mascherati da "tributi".
    Inoltre vorrei aggiungere un'appendice di ordine psicologico al tuo articolo: tra le persone che ti sbattono in faccia il De André deificato, quali di queste mettono in pratica REALMENTE i suoi precetti? Di coloro che conosco io, nessuno. Anzi, se osservi bene, nella quotidianità tali persone si occupano di tutt'altro, spesso in antitesi con le storie narrate dal cantautore; tutto ciò in una sorta di paradosso spiegabile - per come posso percepire la questione - con la figura del De André "confessore". Lo si ascolta in solitudine - ad eccezione di "Storia di un impiegato" presa erroneamente in prestito dalle manifestazioni no-global - e ci si libera di ogni pensiero (o di ogni peccato), di ogni senso di colpa causato dalla nostra onnivenza quotidiana con il potere e le sue smanie di omologazione, schedatura e controllo globale, che sopprime culture e usi locali negli angoli della miseria economica e morale. De André era un cristiano, non un anarchico. Ogni suo testo è intriso di cristianità, primordiale, ma cmq cristianità. In tutti i suoi brani invoca "pietas cristiana" e non solidarietà. Era nato e cresciuto in una famiglia della Genova bene, non in una favela. E' questo che lui trasmette al piccolo borghese: l'impossibilità di uscire dallo status in cui siamo nati, cresciuti ed educati; a causa di questo, l'unica via è la pax cristiana, la pietà verso i reietti delle masse. Lui stesso ci ha provato improvvisandosi contadino in Gallura. De André è amato da chi vive quotidianamente di sensi di colpa nel migliore dei casi, da chi vuol specularci sopra nel peggiore. E' triste dirlo, ma è così! Dobbiamo accettarlo! Al contrario, la musica di De André è odiata - o ignorata - da coloro che quotidianamente offrono le loro braccia a opere di misericordia (e quindi, elargendo la pietas, non hanno la necessità di incamerare il suo messaggio) oppure dalle stesse persone che si ritrovano nei suoi testi (casalinghe infedeli, minoranze etniche e culturali, etc.). Ebbene sì, conosco persone che lo odiano o lo ignorano! Esistono! :) Tutto questo secondo il mio parere, costruito sopra esperienze osservative e non semplicstiche tesi, ovviamente. Un saluto.

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  3. condivido in pieno. molti usano de andrè a sproposito per sentirsi moralmente superiori verso gli altri mentre poi nella vita si comportano proprio come quelli verso i quali de andrè cantava. ipocriti

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    1. Sono d'accordissimo. Constatato!!!!! Ormai diffido molto da chi ascolta De Andre'!!!!!

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